Questi sono i secondi che scorrono.
Puoi vederli danzare attorno a te e al tuo avversario.
Mentre lo fissi negli occhi, quei secondi che passano durano un’eternità. È una questione di nervi, mi dicevano sempre. Tieni la pistola sulla fondina finché non lo senti, quel momento. Il momento in cui devi sparare. Devi estrarre l’arma, fissando negli occhi il nemico, prima che lo faccia lui.
Alcuni mi dicevano che dopo aver sparato, se sei ancora tutto intero, provi malinconia, e una sensazione di profonda tristezza. Durante quei secondi che passano, quell’eternità di secondi pesanti come rocce, fissando negli occhi il tuo nemico stabilisci un contatto, un legame. Sapete entrambi che quei secondi sono gli ultimi attimi di vita per uno dei due, e che quegli ultimi attimi saranno vissuti così: guardandovi negli occhi, scrutandovi dentro, nel cervello, nell’anima. C’è chi dice che alcuni non sopportano l’idea di aver ucciso il nemico; che i primi giorni dopo il duello si desidera di esser morti al posto dell’altro. Ci si convince che non è giusto, chi ha il diritto di decidere quale dei due deve sopravvivere, e quale morire? Quanti secondi ci separano dal momento di estrarre? Chi estrarrà per primo? Se sparerò per primo, sarò in gamba abbastanza da mirare e colpire? O lo mancherò e lui mi ucciderà dopo? Quanto può far male un proiettile? Passerà attraverso la carne senza urtare niente di vitale? Colpirà un osso? Potrebbe scheggiare una vertebra, paralizzarmi per sempre? Peggio, potrei morire.
Sento che la mano trema, trema, trema, vacilla come vacillano i miei pensieri e a stento sto sulle ginocchia. Mi chiedo per un istante se è così anche per il mio nemico. In fondo cosa conosco di lui? È più esperto di me? Quante persone avrà già ucciso? Cerco di decifrarne l’espressione del volto, e mi sembra che stia sorridendo.
Sta sorridendo.
Sta sorridendo.
Sta sorridendo.
BANG.
Un rumore.
Cade …
è lui a cadere o sono io?
Sono secondi … secondi … secondi …
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